mercoledì 3 dicembre 2008

Lilies on Mars

Aspettavo un loro album da tempo.
Uscire dalla mediocrità italiane e rendersi unici.
Andare in Europa e essere geniali.
Trasgressione, lucidità, dinamismo, assuefazione.
Hanno esordito anni fa con Battiato, con l'album il Vuoto e sono apparse nel video "Niente è come sembra".
Trovate il loro album su Itunes.

http://www.myspace.com/liliesonmars







sabato 29 novembre 2008

Think you know him? Think again

Andy Warhol

7 ottobre 2008 - 18 gennaio 2009

Hayward, Southbank Centre. London.

No artist living in the second half of the 20th century has made a deeper impression on popular culture and consciousness than Andy Warhol
(1928-87).

The Hayward presents a major exhibition that brings a fresh perspective to his work, showing works from the 1950s through to the 1980s.

Everyone from Lou Reed and Dennis Hopper feature in Warhol's television shows, screen tests and rarely seen Factory video diaries. Together with extraordinary archive material from his time capsules and graphic design work in the shape of LP sleeves and wallpaper designs, this exhibition explores his creative process and the world he called his own.


giovedì 20 novembre 2008

Broken Heart

Heroin.
Non c'è via d'uscita.
Ho sognato di tua madre
delle tue incertezze misere & sadiche.
La consapevolezza mi corrode l'anima.
Ho sentito voci
fuori dal coro
urla strazianti
lacerare il tuo volto reclinato
che osserva il sole estinguersi.
;Con lo sguardo fisso nel vuoto;
ho già sentito
ho già amato
la tua innocenza
il tuo vuoto d'essere
l'immagine di te che piangi
davanti ad uno specchio
mentre la vita ti consuma.

martedì 4 novembre 2008

DéCADENCE nuova edizione, finalmente disponibile

Décadence new

Photobucket

Dopo mesi di attesa, il vostro affezionatissimo vi comunica che la nuova edizione di DéCADENCE è finalmente disponibile.
Potete ordinarne una copia dal sito internet della casa editrice www.tespi.it esattamente all'indirizzo di posta info@tespi.it
Per ora è disponibile in pre-order ma con disponibilità immediata soltanto dal sito della casa editrice, ma da fine novembre sarà presente su tutti i siti internet che vendono libri on line e nelle libreria fiduciarie della casa editrice.
Per altre info, non esitate a contattarmi.


La foto in copertina è di Rikki Kasso. Fotografo di New York che vive a Tokyo.






Watch BLOC PARTY, BANQUET BY RIKKI KASSO in Music Videos  |  View More Free Videos Online at Veoh.com

mercoledì 22 ottobre 2008

An ideal for living / Joy Division / Warsaw



È il nazional-socialismo a funestare quella che si presenta come la prima registrazione demo (su vinile) della band di Macclesfield. Anno di registrazione 1978. La sola copertina, raffigurante un adolescente esplicitamente vestito in tenuta da gioventù Hitleriana intento a percuotere la membrana della propria inconsapevolezza, esprime ciò che il disco cerca di voler imporre in maniera totalizzante.
Un cd che si presenta subito sbiadito, nelle sfumature che scorrono tra un basso colmo di ossessione, ed una chitarra praticamente denudata della sua stessa anima.

Quattro brani:

-WARSAW: la leggenda vuole che questo nome fosse stato scelto da Curtis inizialmente come nome della Band, in onore di David Bowie, particolare che risulta irrilevante all'atto dell'ascolto e dello studio di quello, che per quanto mi riguarda, è uno dei testi più oscuri che mi sia mai capitato di dover interpretare. "350-125 GO!!" Con questa frase, che introduce il pezzo, si rimane attoniti, quasi stupiti dalla freddezza della voce di Curtis. Un ordine, o meglio, l'Ordine. Ecco che cosa si è appena percepito. Questa sequenza numerica, inserita ingegnosamente, consisteva nel numero seriale di matricola assegnato a Rudolph Hess nel carcere in cui scontò l'ergastolo impostogli dal processo di Norimberga. Hess era il più acceso seguace di Hitler, scelto, non a caso, per le sue esplicite tendenze e manie verso il misticismo che tanto affascinavano lo sfortunato Ian. Il sound e la lirica proseguono rigidi, a tempo di marcia, impettiti da un overdrive talmente ruvido, da superare il significato di crunch sino a sminuirlo definitivamente.

-"NO LOVE LOST" aspira ad essere un vero e proprio nesso tra quella che è l'anima dei Joy Division e il loro occulto modo di spingersi oltre il "macabro". Il titolo di questo brano venne scelto e sradicato dal romanzo "La Casa delle Bambole" di Karol Cetinsky, romanzo che influenzò Curtis anche per il definitivo nome della propria band. La schiettezza delle parole di Ian è favolosa: vi appartengono il freddo, l'oscurità e la desolazione del lontano 1945.

-"LEADERS OF MEN" affronta in vece in terza persona la figura del leader, di colui il quale compito consiste nel risollevare una borghesia suicida da un baratro di povertà e frustrazione mediante l'aspirante "Ideale per Vivere". Qui la voce di Curtis sovverte in una melodia accentuatamene stonata, quasi come se intenta in una parodia wagneriana.

-"FAILURES" appare in fine in tutta la sua essenza come la risposta negativa che la registrazione pone l'intento di stimolare. Spezzata a tratti, quasi volutamente incompiuta si afferma nelle vostre membra la certezza che non si può tornare indietro una volta cominciato il viaggio: nessun futuro. Personalmente, ritengo che questa sia una delle molteplici perle che i Joy Division abbiano lasciato. Ricca di fascino come una propaganda, suadente e dispersiva come un comizio. Gelida come la canna di un mitra alla nuca.

Fonte: http://www.debaser.it/recensionidb/ID_7696/Joy_Division_An_Ideal_For_Living.htm

Warsaw






No love lost


Da Control il film: Leaders of men


Failures

martedì 7 ottobre 2008

Control



Il 25 ottobre dovrebbe finalmente uscire nella sale italiane Control, il film che parla della vita di Ian Curtis e dei Joy Division.
Il film è già uscito in tutta Europa da quasi un anno, precisamente il 5 ottobre 2007.
Io l'ho già visto in inglese 4 mesi fa e posso dirvi che è davvero un capolavoro.




Queste sono le parole di Natalie Curtis, figlia di Ian, riguardo al film:

I was about three when my mum first told me that my father, Ian Curtis - who died when I was one - was a singer, but it just seemed normal, like having an uncle who was a tradesman or whatever. I remember hearing Love Will Tear Us Apart on the radio and realising he was known in some way, but I never thought of him as famous. When I was growing up, neither myself nor my mother were in the public eye, and Joy Division were more cult than mainstream. The first time I heard their album Closer, I thought it was out of this world. I assumed all music was done with that level of style and intelligence. As I grew older, it was a shock to discover not everything was that amazing.
Initially I was dead against visiting the set of Control, the film about my father's life directed by photographer Anton Corbijn. Although it took my mother's memoir, Touching From A Distance, as a starting point, books are read in private, whereas a film is something much more public, an experience shared with an audience. When filming began in Macclesfield, I declined the opportunity to go. Macclesfield was somewhere I'd always associated with lush, green, rolling hills and I didn't want to associate it with a film about my father's suicide. Gradually my curiosity got the better of me, though; after all, I did study photography and am interested in film. Also, I felt that seeing the process would make it easier to watch the finished thing.

In July 2006 I went to Nottingham, where most of the film was being shot. I was on edge. It felt too weird. A bungalow had been given a 70s makeover to recreate my parents' engagement party. Of course, I've no idea how realistic it was, because I wasn't born. I first met Sam Riley, who plays my father, outside the bungalow. Sam looked really sweet with his 70s Ian haircut; as it was the pre-band Ian he was playing, he wasn't the Ian Curtis we all imagine. He felt a bit awkward at first, I think. But I had a sneaky cigarette with him, so when I saw that scene where Ian says, "You can't be in my gang if you don't smoke!" I couldn't help but giggle.

In between scenes, I was introduced to Samantha Morton, who plays my mother. Later that night we got a call to come along to a restaurant in some dark, trendy club, and afterwards we went to the flat where Samantha was staying with her fiancé. She held my hand as we crossed the road, just like my mum used to do when I was younger - I think the cast saw me as the baby of the set, because I am the baby in the film. Samantha didn't have on the Debbie wig when we met, but we talked until dawn about her role and I saw her notes - thoughts and reflections on how to play the character. She'd made them from my mum's book, but also from her own experiences as a mother. She had her daughter at a similar age to my mother when she had me. She also had a "Debbie playlist" - songs my mother would have listened to in 1980, such as Bowie and Durutti Column's Sketch For Summer, one of my own favourites. Every day before filming, Samantha would listen to the music to psych herself into character. Spending time with her had reassured me; I knew that whatever happened she'd do a damned good job, even if she didn't seem quite like my mother. Both she and Sam are in their late 20s playing my parents in their teens and early 20s, so they seem older. I think the film has made Mum slightly dowdier, too - I certainly don't remember her wearing such awful clothes.

It felt odder when they started filming the band scenes in a Nottingham pub that was supposed to be Rafters in Manchester, where Joy Division played. I've grown up with black-and-white photos of the band - probably what attracted me to become a photographer - but suddenly they were there in front of me in colour, in 3-D and uncannily accurate. Harry Treadaway - who plays drummer Steve Morris - had previously played guitar, but none of the others had played instruments before. They obviously worked hard at getting everything spot-on. Harry took me to lunch and told me he'd perfected his Macc accent by recording local lads in a bicycle shop. The "pretend Joy Division" even had banter and in-jokes like a real group, and called each other by their characters' names: Barney, Steve, Ian and Hooky.

We talked a lot about their roles; they were particularly interested in some research I'd done for the writer, Matt Greenhalgh. My father was diagnosed with epilepsy in January 1979, and looking into this for Matt gave me a real understanding of what he was going through at the time. There was more of a stigma attached to being epileptic then and people were a lot less well informed. My father also suffered from mood swings and depression. You read about mental health services being cut now, but God knows what it must have been like in the late 70s. There were loads of side-effects to his medication. It's likely that the epilepsy and the medication would have exacerbated the depression, although there was no provision for dealing with this.

People constantly ask, "Why did he kill himself?" To me it seems obvious - because he was really depressed. Bernard [Sumner, Joy Division guitarist] told me that my father used to drink before performing, which may explain his on-stage fits, because alcohol is a seizure trigger. Seizures can also be triggered by flashing lights, lack of sleep and stress. Ian's lifestyle and the tension caused by the disintegration of his marriage would not have helped. He did the best he could; he was just very ill.

I've never really felt angry at my father for committing suicide, nor was I emotional about it all being brought up in the film because it's been there every day for me, although I've not had a tortured life.

We had a lot of laughs on set, in the same way as Mum told me how there was always mischief around the band. One of my favourite moments was being an extra at the Bury riot gig scene of 1980. It felt strange shouting, "Fuck off!" at a pretend Alan Hempsall, the Crispy Ambulance singer who stood in for my father when he was too ill to go on stage, because I'd interviewed the real one in my research. I got caught up in the skinheads' fight and had a bruise on my foot for a month. The Strawberry Studios scene was special for me because I helped Harry discover how they made the famous drum sound in She's Lost Control. He explained that that "crrch crrch" sound was a combination of a syn drum and the sound of tape head cleaner being sprayed. It was a strange afternoon. Everyone was happy when it was all over, but I cried. Joy Division is not something that will ever go away for me.

At the wrap party it was interesting to watch the actors, who had felt like a real band to me, suddenly shaking off their characters. We were shown some rushes and the reality behind it suddenly hit me. There was a baby scene I found especially upsetting; everyone cheered and said, "That's you." I drank more than I normally would that night.

It was hard to watch the finished film, but it is just a film, after all. Toby Kebbell - who plays Joy Division manager Rob Gretton - is one of my favourites, but he's not how Rob was. Rob was always around, but in the last year of his life I worked in a nearby office and got to know him much better; he was so gentle and wise. I never heard Rob swear like he does in the film and there's a bit where he's mean to Alan Hempsall. Rob would never have been like that. I don't think the film captures how lovable Tony Wilson - the Factory Records boss who used his life savings to fund Joy Division's debut - was either. However, my mother and I agree with what Tony once said: if it is a choice between the truth and the legend, take the legend every time.

I miss Tony terribly and remember him arriving on set with his mad Weimaraner William bounding on to a scene and someone yelling, "Cut!!!" Four days after I saw the finished film, Tony died of cancer. So, a year after hanging out on set with a pretend Steve and a pretend Hooky, I caught up with the real ones, not at a glitzy film premiere but at a funeral.

I have mixed feelings about the film - I feel so excited for the band and the music, but repulsed by the idea of people watching a film about my family. It's probably the same for all those left behind. The band must have been very excited when the film got an ovation at Cannes, but it can't be comfortable watching people be very happy about sad things in your life. I felt sad reading recently that they said they feel guilty; but if anyone let Ian Curtis down, it was the NHS, not musicians too young to help.

Tony never got to see the film, but for me it is for him. It feels like Joy Division are finally going from being an enormous cult to a household name - just as Tony always believed they should.
Additional reporting by Dave Simpson

venerdì 3 ottobre 2008

La fine degli Oasis




Io penso che quando una band al livello degli Oasis si riduce a copiare vecchi successi come Five to one dei Doors, ci sia veramente poco da aggiungere.
Premetto che gli Oasis li ascolto dai tempi di Definitely Maybe, che ho tutti i loro album e che negli anni 90 erano fottutamente grandi.
Questa mattina, sono andato sullo space degli Oasis http://www.myspace.com/oasis
e sono rimasto scioccato nell'ascoltare il brano Waiting for the rapture che già nel titolo mi aveva già fatto pensare a Waiting for the sun dei Doors.
Va bene dico, cazzo ascoltala prima di giudicare.
Non appena parte il brano un senso di tristezza si è impadronito della mia anima.
Mi sono sentito inutile di fronte a queste misere operazioni commerciali.
Copiare un pezzo di un'altra band è davvero disdicevole. Non solo. Cosa pensano gli Oasis che i fan sono tutti una massa di celebrolesi dal non accorgersi della cosa?
Certo faranno milioni, vendendo i loro cd del cazzo e i loro brani su Itunes e facendo concerti, ma cosa rimarrà di loro nella storia della musica pop?
Potevano essere dei miti, e per un certo periodo lo sono stati, ma hanno sbagliato tutto.
Dovevano concludere la loro carriere già da Standing on the shoulder of giants.

Waiting for the rapture: http://www.myspace.com/oasis
Five to one dei Doors: http://it.youtube.com/watch?v=zZls5ZH5ytA

Gli Oasis sono finiti.

martedì 30 settembre 2008

James Byron Dean

James Byron Dean (Marion, 8 febbraio 1931 – 30 settembre 1955)







The Unlighted Road





part 3

http://it.youtube.com/watch?v=9K0rO0aeYPE

giovedì 25 settembre 2008

Vanificazioni


Ritengo che sia stupido avere un blog.
Ritengo che si ancora più stupido riportare su di un blog le citazioni di altri scrittori.
Ma essendo l'uomo contraddizione di sé stesso ed il suo opposto, io non posso far altro che arrendermi al mio istinto di esistenza che mi sovrasta.
Premetto che sono contro il divenire, nel senso metafisico del termine.
Cioran.
E. Cioran è contro la carriera universitaria. Si definisce un pensatore privato.
Egli dice che l'università ha ucciso la filosofia.
La filosofia non dovrebbe essere un oggetto di studio ma bensì qualcosa che si vive di persona. Un'esperienza personale.
Si ritiene fortunato perchè è riuscito ad evitare la carriera universitaria.
Se così fosse stato, avrebbe dovuto assumere un atteggiamente serio, avrebbe dovuto adottare un pensiero impersonale.
Come quello che oggi la maggior parte di noi ha.
Una volta Cioran disse ad un filosofo francese titolare di una cattedra di filosofia:
"Lei è pagato per essere impersonale."
"è questa gente che parla di ontologia, di problematica della totalità".

giovedì 18 settembre 2008

Claude Ollier




Claude Ollier nacque primogenito a Parigi da Maurice Ollier, un assicuratore, e da Marguerite Valente, figlia di un piccolo borghese. Appena nato, Claude mostrò subito dei problemi respiratori, così la famiglia dal il 1926 al 1930 fece continuamente vacanze al mare ed in montagna, dove la sua salute migliora. Durante queste vacanze il giovane Claude s'interessa di Letteratura leggendo soprattutto Verne.
Nel 1958 pubblicò il suo primo romanzo con il titolo La messa in scena e nello stesso anno divenne il primo vincitore del prestigioso Prix Médicis. L'anno dopo tornò in Marocco e nel 1960 decise di lasciare definitivamente l'Africa per dedicarsi all'attività di scrittore dopo un viaggio di sei mesi negli Stati Uniti. Nello stesso anno conobbe Italo Calvino, Fernando Arrabal, Robert Pinget, Hugo Claus e Charles Tomlinson, poi partì nuovamente, questa volta per Cuba e il Messico. Di ritorno in patria aderì alla corrente letteraria Nouveau roman.
l Nouveau Roman è una corrente letteraria nata in Francia tra gli anni 50 e 60. Il termine Nouveau Roman, usato per la prima volta da Émile Henriot in un articolo su Le Monde, rappresenta un gruppo di autori tra loro contemporanei che hanno in comune esigenze comuni più che un proprio movimento.
Le varie esperienze hanno in comune il rifiuto del personaggio e delle normali vicende per focalizzarsi sulle caratteristiche della realtà che esulano dalla soggettività umana.
I testi prodotti da questa nuova tendenza descrivono con minuzia di particolari gli oggetti e la realtà esterna come se intervenisse la macchina fotografica. Il nouveau roman vuole evidenziare la condizione dell'uomo nella società moderna, basata sull'industrializzazione, la tecnologia, la scienza.
Il tipo di narrativa che i testi appartenenti al nouveau roman propongono si basa sull'oscura leggibilità e si preoccupano maggiormente delle cose che dell'uomo.
Tra gli scrittori che si possono definire appartenenti al nouveau roman i più significativi sono Gérard Bessette, Michel Butor, Marguerite Duras, Claude Ollier, Robert Pinget, Jean Ricardou, Alain Robbe-Grillet, Nathalie Sarraute, Claude Simon.
Riprese la penna nel 1964 scrivendo La morte del personaggio per la stazione radiofonica Radio-Stuttgart. L'opera fu letta nel corso di più puntate ottenendo un discreto successo. Da allora collaborò sempre più spesso con le varie stazioni radio francesi.

Nell'inverno del 1966 soggiornò a Berlino e, forte di questa esperienza, scrisse quattro libri, che formarono il ciclo del Giovane infante, pubblicati solo tra 1972 e il 1975. Nel 1967 tornò in Germania su invito della stazione radio Länder e poi nel 1969 decise di studiare un trimeste all'Università Laval del Québec. Nel 1971 lasciò la Nuoveau roman dopo un acceso dibattito letterario e si trasferì ad Aix-en-Provence, dove insegnava Marie-Odette, la sua amata; i due si sposarono ed ebbero un figlio nel 1972

Riprese a viaggiare nel 1977, visitando la Thailandia, Singapore e la Malaysia. Ritornato in patria, scrisse Marrakch Médine, che ottenne il Prix France Culture nel 1979. Successivamente scrisse Mon Double à Malacca e viaggiò per l'Europa orientale, ritornando per un breve periodo in Marocco.

Dal 1983 al 1989 scrisse diversi romanzi: Una storia invisibile, Truquage en amont, Oscurazione e Feuilleton. Nel 1990 visitò l'Australia, nel 1991 la Giordania, per scrivere un libro su Petra, e poi anche Gerusalemme. Tra il 1993 e il 1995 scrisse Aberration en hommage à l’aïeule andalouse.

Estratto:

Claude Ollier
da “Per mantenere l’ordine” in Estate indiana, Einaudi, 1967

Il primo foglio del notes è ancora vergine, salvo la data scritta in alto a sinistra: lunedì tredici agosto. Rimane da scrivere la lettera, da redigere il riassunto intellegibile degli ultimi tre giorni. Ma non c’è pericolo che il destinatario, vittima di uno o di diversi errori di prospettiva, non ne valuti esattamente la portata?
Limitarsi all’episodio, attuale, senza farlo precedere da una breve esposizione non significa forse già falsarne il tenore? Ma in questo caso, fin dove risalire nella concatenazione dei fatti? Ai disordini del mese scorso, all’atmosfera nuova che regna dalla instaurazione del coprifuoco o addirittura al primissimo inizio degli avvenimenti? E anche così? …Non bisognerebbe risalire ai primissimi inizi dell’impresa, all’epoca in cui sono state montate le prime rotelle dell’ingranaggio? Senza arrivare fin lì, dev’essere possibile tracciare un quadro chiaro e preciso della recente evoluzione, e quale potrebbe essere più significativo della pianta stessa della città, sovraccarica di punti di riferimento da mesi segnati giorno per giorno? C’è forse una relazione più eloquente di quel canovaccio di croci multicolori che a poco a poco si delinea sul grande rettangolo violaceo, che si sviluppa a ghirlande all’annuncio dei disordini e della conseguente repressione?
Ogni sera, quando il traffico è finito, il comandante si siede alla scrivania, redige il suo rapporto, poi si alza, con una serie di matite colorate in mano, si volta verso la carta attaccata alla parete e traccia qui una crocetta azzurra, lì una verde, o gialla, rossa, nera, secondo la categoria dell’attentato o del danno compiuto. A volte esita, incerto sul carattere dell’incidente, o tentato di segnare con diverse croci un ‘azione che giudica particolarmente importante. E’ anche accaduto, nei primi mesi, che non avesse da segnare niente per tutta una settimana. Ma quel tempo è ormai lontano. Da allora, le croci si sono talmente moltiplicate che in due o tre punti manca lo spazio per tracciarne di nuove: il comandante le sistema come può nelle immediate vicinanze dei luoghi maledetti, le inserisce in qualche angoletto dove, a essere giusti, non è mai succeso niente. Altri settori, al contrario, sono rimasti intatti, rarissimi, e sono loro adesso che sembrano sospetti.
Così, un quarto ordine si sovrappone a quelli delle vie e dei vicoli ciechi, dei sensi vietati, delle terrazze e delle comunicazioni occulte, un ordine che, nella sua quotidiana dispersione, può parere foruito, ma del quale, dopo un certo tempo, si precisano le strutture, si confermano, s’impongono. Per i non iniziati, tutte quelle croci di uguale grandezza rimandano ad azioni di uguale gravità. In realtà, a qualcuna di loro è collegato il ricordo di un momento privilegiato - inaugurazione di una nuova fase della lotta, spettacolare imboscata, punto culminante di un lungo periodo di tensione.
La maggior parte delle croci, tuttavia, indica solo episodi molto normali, elementi banali di un’abitudine ormai consolidata - come le due nuove croci che il comandante ha tracciato ieri sulla carta: la prima dietro il mercato coperto, su una piazzetta dove era stato assassinato uno scrivano pubblico; la seconda all’estremità nord della città, al numero 17 di rue Lalla-Sfia.
Lì, nella notte tra sabato e domenica, poco prima delle due, nell’ingresso di una casa dall’aspetto agiato, scoppia una bomba.


____________


martedì 16 settembre 2008

Has gone



(David Foster Wallace, 21/02/1962-12/09/2008)

Non riesco a credere in Dio



Quando soffro, non riesco a credere in Dio. Sarei troppo dolorosamente consapevole della mia impotenza se mi lamentassi di - e con - un Essere irraggiungibile.
Nel dolore, me la prendo solo con me stesso. Nella disgrazia con coloro alle cui buone opere la devo.

Jean Genet

lunedì 15 settembre 2008

Nietzsche e Dostoevskij

V. Strada Le veglie della ragione Einaudi Torino 1986 pagg. 69-71

I rapporti tra Nietzsche e Dostoevskij sono molto complessi e la loro complessità deriva anche dal fatto che essi sono paradossalmente reciproci. Infatti se Nietzsche fu un lettore interessato e ammirato di Dostoevskij quest’ultimo che nulla sapeva del filosofo tedesco ne anticipò temi e tesi fondamentali facendoli oggetto della sua ricerca dialogico-romanzesca. Le assonanze tra Dostoevskij e Nietzsche hanno richiamato da tempo l’attenzione critica e il parallelo tra loro è diventato canonico quanto quello tra Dostoevskij e Tolstoj. Del resto è ormai appurato che proprio Tolstoj e Dostoevskij furono per Nietzsche la fonte prima della sua concezione del Dio cristiano e che con questi grandi russi l’autore dell’Anticristo intrattenne un dialogo sotterraneo intessuto di illuminazioni e di ripulse. Solo di recente però alcune fasi decisive di questo dialogo sono state portate alla superficie ed è possibile ora porre l’ampio problema dei rapporti Nietzsche-Dostoevskij su una base filologicamente piú sicura. Mi riferisco in particolare agli appunti di lettura dei Demonî di Dostoevskij che Nietzsche conobbe nella traduzione francese uscita a Parigi nel 1886.
Nietzsche lettore dei Demonî trascura l’attualità politica del romanzo la quale anzi quasi certamente gli era ignota. L’assenza del momento politico dall’orizzonte di lettura del romanzo non è cosa trascurabile perché per Dostoevskij il “caso Neciaev” trasfigurato nei Demonî non fu un mero dato di cronaca bensí la manifestazione essenziale di una crisi di cui egli a partire almeno dalle Memorie del sottosuolo aveva anticipato la presenza e di cui da tempo aveva iniziato l’analisi. Crisi metafisica secondo Dostoevskij che diventa necessariamente crisi politica e che nella rivoluzione trovava la sua naturale sede di sviluppo. Per Dostoevskij il nichilismo era un fenomeno metafisico-politico e non è un caso che questo termine che in Occidente a partire da Jacobi aveva un significato puramente filosofico in Russia sia servito a designare il movimento rivoluzionario. Se nella prefazione per la Volontà di potenza Nietzsche poteva scrivere: “Ciò che racconto è la storia dei prossimi due secoli. Descrivo ciò che verrà ciò che non potrà piú venire diversamente: l’avvento del nichilismo” lo stesso avrebbe potuto scrivere Dostoevskij a premessa dei suoi romanzi anche se non solo il suo atteggiamento verso il nichilismo era antitetico a quello di Nietzsche ma diverso era in parte il contenuto stesso che in lui assumeva questo concetto contenuto per lui inevitabilmente anche politico. Qui oltre alle differenze personali conta evidentemente anche la differenza tra punti di vista storico-nazionali: era in Russia infatti che le idee nichiliste si erano tradotte in un nuovo tipo di azione rivoluzionaria.
Nietzsche è interessato dalla figura di Stavrogin ma i centri maggiori di attenzione indicati nei titoli dei gruppi di annotazioni (Psicologia del nichilista La logica dell’ateismo e Dio come attributo della nazionalità) confluiscono sul suicidio di Kirillov e sulla sua filosofia dell’uomo-dio. Il contesto dell’interesse di Nietzsche per i Demonî e in particolare per Kirillov è quello della sua riflessione sul nichilismo che per l’autore della Volontà di potenza consiste in una svalutazione dei valori tradizionali (morali metafisici religiosi) finora ritenuti sommi ma è una svalutazione che deriva necessariamente dalla natura di quei valori i quali nella fase estrema della loro storia si autosmascherano e si autoannullano applicando a se stessi quel culto della verità da loro stessi coltivato. Nietzsche dice che “il perfetto nichilismo è la necessaria conseguenza degli ideali finora coltivati” mentre l’epoca in cui viviamo è quella di un “nichilismo incompleto” e di vani “tentativi di sfuggire al nichilismo”. Nel nichilismo “spontaneo” per cosí dire e “incompleto” della nostra epoca di transizione Nietzsche si reputa colui che porta la “consapevolezza” del nichilismo favorendo cosí lo svolgimento di quest’ultimo alla sua “completezza”. Su questo nichilismo perfetto egli opera la sua “transvalutazione” di tutti quei valori che erano stati alla base del nichilismo stesso e in tal modo vuole aprire la via verso l’esodo dal nichilismo. Ma mentre il nichilismo era un evento necessario il suo superamento è un evento possibile cioè politico e l’Anticristo Nietzsche è l’autore appunto di un Antivangelo salvifico: “Il mio problema scrive egli in un frammento intitolato Superuomo non è di stabilire che cosa possa prendere il posto dell’uomo bensí quale specie di uomo debba essere scelta voluta allevata come specie di valore superiore...”. Contro un nichilismo “decadente” Nietzsche afferma il suo nichilismo che potremo chiamare creativo in cui la lunga morte di Dio diventa una sua liberatoria uccisione e l’uomo liberatosi dall’oppressione divina acquista egli stesso una sorta di divinità riappropriandosi feuerbachianamente sulla terra dei. suoi attributi che aveva proiettato in cielo.
Dostoevskij coglie perfettamente nei suoi romanzi la logica del nichilismo che non è semplicemente ateistico bensí rigorosamente antiteistico anche se per lui il nichilismo non è la conseguenza immanente dei valori tradizionali cristiani ma una loro negazione nata in seno a una particolare versione storica (cattolica e protestante) di quei valori. Nei Demonî l’antiteismo si dirama in una serie di figure che ne manifestano le potenzialità: dalla noia metafisica di Stavrogin al costruttivismo sociale di Sigalëv. Ma è in Kirillov che la “logica dell’ateismo” si dispiega con una coerenza esemplare. Nel suo incontro con Verchovenskij poco prima del suo suicidio Kirillov chiarisce non soltanto la logica antiteistica dell’autodeificazione dell’uomo bensí anche il significato redentivo che egli attribuisce al suo proprio suicidio: con questo atto ragiona egli con folle coerenza non soltanto egli si riappropria della sua libertà trasferita in Dio ma novello Salvatore apre all’umanità la via della rivolta metafisica e della libertà totale restituendole l’attributo principale della divinità: lo svoevolie cioè l’arbitrio come libertà illimitata. L’uomo nuovo e superiore che nascerà da questo primo atto consapevole di liberazione e di salvazione secondo Kirillov dovrà rigenerarsi anche fisicamente poiché “nell’aspetto fisico attuale (...) non si può affatto essere uomo senza il vecchio Dio”. Che poi il suicidio di Kirillov serva da copertura per il delitto organizzato da Verchovenskij non è una mossa denigratoria di Dostoevskij poiché la grandezza di Kirillov non ne è sminuita bensí piuttosto è una sua geniale comprensione della trama in cui l’antiteismo viene ad essere impigliato.
Il suicidio “logico” di Kirillov sembra agli antipodi del vitalismo “dionisiaco” di Nietzsche se non si pone mente al fatto che si tratta di un suicidio sacrificale e simbolico la cui missione soteriologica è quella di aprire la via ad un “oltreuomo” trasformato anche biologicamente. In questo senso Kirillov è ancora “cristiano” ma “cristiana” è anche la soteriologia antiteistica di Nietzsche. Il punto di divergenza tra Nietzsche e Kirillov sta nell’incanalamento dell’energia vitale liberata dalla negazione di Dio.

John Cooper Clarke

This fucking man

martedì 9 settembre 2008

Assenza/essenza




L'identità umana è il frutto di un processo sociale di natura dialettica.
Cogito ergo est. Intrattenimento dell'essere con sé stesso. Suicidio metafisico. Kirillov nei Demoni di Dostoevskij. Negare Un Dio. Radicale aberrazione. Non esisto.
Totale libertà dell'uomo. Parvenza d'essere. Non divenire atroce e sconsiderato.
Giaci immobile e taci.
Dolore e sregolatezza.

lunedì 1 settembre 2008

Il Genio



Puttana

















Photo by Rikki Kasso

Puttana

Dopo quattro pinte di birra
sono quasi riuscito a credere che tu mi amassi.
I tuoi occhi insolenti e lucidi
ne erano la prova.
Hai rovinato tutto poi
infilando quel cazzo di piede
nelle mie più intime perplessità.

;Ti sei guardata allo specchio e hai messo il rossetto;

Ti stavi preparando a prenderlo in bocca,
ti saresti sentita ancora e per l’ennesima volta una donna.
Mi hai spezzato il cuore & ne sei consapevole,
ti piace farlo e non hai pietà.
Tu che gridi nuda per casa e fai finta di non vedermi
Io che bevo al buio una bottiglia di Jack Daniel's e alzo il volume su Glenn Gould.

Adesso te lo metterò dentro e tu godrai,
succhierò il tuo sesso e ci infilerò un dito.
Più tardi quando sarò solo lo annuserò
e penserò a quando ancora ero capace di amare una donna.



Whore

After four pints of beer
I almost managed to believe you loved me.
Your insolent and shiny eyes
were the proof.
Then you ruined everything
sticking your goddam foot
Into my most secret doubts

;Looking at yourself in the mirror you put on your lipstick;

You were getting ready to take it in your mouth,
You would have once again and for the nth time felt like a woman.
You broke my heart and you are well aware of it,
You like to do it and you are without mercy.
You who wander naked about the house pretending not to see me
as I drink a bottle of Jack Daniel's in the dark and turn up the volume on Glenn Gould.

Now I will stick it in you and you will feel pleasure,
I will suck your slit and stick a finger in.
When I am alone later I will sniff it
And I will think back to the times when I was still capable of loving a woman.

Décadence new face/nuova veste grafica by Rikki Kasso



Rikki Kasso noto fotografo di Tokyo e New York ha deciso di concedermi una delle sue geniali foto per la realizzazione della nuova edizione di Décadence.

http://tokyoundressed.blogspot.com/

http://rikkikasso.com/KASSOPIA/Kassopia_Open.html

mercoledì 9 aprile 2008

Kerouac e Burroughs libro inedito

Verrà pubblicato il novembre prossimo dalla Penguin un libro inedito scritto a quattro mani da Jack Kerouac e William S. Burroughs

http://www.telegraph.co.uk/news/main.jhtml?xml=/news/2008/03/02/wkerouac102.xml

giovedì 28 febbraio 2008

Sleeping on my own #01













Sleeping on my own #01 (ita)


Voglio farla finita con questa sporca vita
il mondo mi ha concesso solo sogni oltraggiosi.
Vorrei morire sul culo rotto di una fottuta puttana
ma ora voglio solo bere la mia ultima bottiglia di whiskey
aspettando gli anni della tua commiserazione.

;Mi hai chiamato amore mentre vomitavo sulla tazza del cesso;

Attendimi nella tua casa lussuriosa
completamente nuda & senza ambizioni
Sarò il tuo pazzo amante bambina questa notte
sii gentile con me & cerca di aprire le tue gambe quanto più possibile.
Domani nessuno saprà quello che è successo
la notte avrà un orgasmo con noi e tutto sarà perfetto
perché noi siamo una cosa sola & le nostre anime non hanno un nome.



Sleeping on my own #01 (eng. version)



I want to leave this dirty life
world causes me only injurious dreams
I'd kike to die on a smashed rump of a fucked bitch
But now I want just to drink my last bottle of whisky
waiting for your commiseration.

;You called me love while I was vomiting on my wc's table;

Wait for me at home , your lustful home
Completely naked & without ambitions
baby I'll be your mad love this night
be kind to me and try to open wide your legs as much as possible.
Tomorrow nobody will know what happened
The night will have an orgasm with us and everything will be perfect
as we are only one and our souls have no names.

mercoledì 27 febbraio 2008

Letterina al popolo di Nunzio Festa

Nunzio ha voluto che rendessi noto il suo pensiero.

LETTERINA APERTA PER IL POPOLO

dopo aver scelto di non seguiere più partiti e fazioni, mi son accorto semplicemente e solo che potrebbe sfiorare a qualcuna e/o qualcuno l'idea che il soggetto in questione sia diventato Qualunquista. dopo aver lasciato alcune militanze mi sono reso conto d'aver fatto più che bene. mi sono trovato poi a dover sorridere e provare nuovamente a ridere; e il giacchio diventava meno spesso: scioglimenti scelti.
Ma ora sento che è giusto riferirsi - direttamente - al popolo dove proprio tutti quanti i partiti politici hanno deciso di fare a meno del suo apporto (dopo che già avevano scelto di considerare la sensazione di un "apporto" e niente proprio niente altro)

Non basta voler tirarsi fuori dalle beghe, che le bighe allo stesso modo si fanno strada.
Sorelle e fratelli, penso adesso sia giunta l'ora di controbattere alle sofferenze che ci buttano addosso. è il tempo di non fare conti, e conquistare spazi
prendere sempre senza sentirsi in dovere di chiedere.
Il popolo ha il diritto di vivere.

NUNZIO FESTA

mercoledì 30 gennaio 2008

New poems are going out today

Oggi alle 18e30
presso la sede della Giulio Perrone Editore (Via Eleonora d'Arborea, 30 - Roma, Piazza Bologna)
ci sarà la premiazione della prima edizione del concorso letterario Fili di Parole. Nell'ambito della serata Perrone presenta l'antologia del premio.
In questa antologia saranno presenti anche dei miei testi.
INFO:
http://www.giulioperroneditore.it

venerdì 25 gennaio 2008

New Edition for Décadence is coming out on may 2008

























defeat

Listening to Bruckner on the radio
wondering why I'm not half mad
over the latest breackup with my
latest girlfriend

wondering I'm not driving the streets
drunk
wondering why I'm not in the bedroom
in the dark

in the grevious dark
pondering
ripped by half-thoughts.

I suppose that at last
like the average man:
I've known too many women
and instead of thinking,
I wonder who's fucking her now?
I think
she's giving some other poor son of a bitch
much trouble right now.

listening to Bruckner on the radio
seems so peaceful.

too many women have gone through.
I am at last alone
without being alone.
I pick up a Grumbacker paint brush
and clean my fingernails with the hard sharp end.

I notice a wall socket.

look, I've won.

(Charles Bukowski)